E a proposito di ricatti…
Articolo pubblicato su "Il Quotidiano del Molise" del 01-02-2016
(“Tu quoque, Facebook!”)
Qualche settimana fa abbiamo parlato di ricatti digitali e di come i virus più pericolosi, che oggi circolano in Rete, si stiano “specializzando” proprio nel ricattare gli utenti. I modi per costringere le persone a comportarsi in una certa maniera o a rivelare e cedere le proprie informazioni più intime e personali sono davvero tanti e, fra questi, ce n’è uno che viene presentato (e camuffato!) come una clausola contrattuale; clausola che l’utente deve obbligatoriamente accettare per poter utilizzare il servizio che gli viene offerto via Internet.
Di recente, Facebook, il social network più famoso del mondo, ha deciso di adottare proprio quest’ultima soluzione: diversi utenti, improvvisamente, non sono più riusciti ad entrare nei loro rispettivi profili! Una nuova schermata chiedeva di “provare” la loro vera identità, inviando la scansione di un documento di riconoscimento! La “verifica dell’account”, recente modifica delle condizioni d’uso imposta da Facebook, può essere sostanzialmente vista come una sorta di “ricatto” che il social network attua ai danni dei suoi iscritti: “o mi dai le tue personali e comprovate informazioni personali oppure ti escludo dal servizio e non potrai più comunicare con i tuoi amici!”. Chi non fornisce documenti d’identità si ritrova, quindi, “bannato” da Facebook e tutti i suoi post, le sue foto, i suoi Like, assieme ad ogni altra cosa condivisa, spariscono definitivamente! (o meglio, vengono “nascosti”!).
In verità, avvisaglie di questa nuova tendenza già c’erano state nei mesi precedenti: a molti, Facebook, ha continuamente richiesto di inserire il proprio numero di cellulare per collegarlo all’account. L’aver ignorato anche quest’ultima richiesta, ha condannato gli utenti più reticenti all’inevitabile cancellazione del loro profilo, con tutte le informazioni che vi erano presenti. Alcuni utenti bannati hanno visto automaticamente ricomparire il loro vecchio account dopo qualche giorno e senza aver inviato nulla; altri, invece, nonostante l’invio del documento richiesto, non sono stati ancora riattivati!
Anche se Facebook giustifica questa sua nuova regola come necessaria per combattere il fenomeno dei profili falsi, è molto probabile che quest’ultima trovata sia, in realtà, nient’altro che un’imponente operazione di “data collection”, fatta con mezzi telematici ed usando toni molto simili a quelli di un’estorsione! Se è vero che Facebook è libera di cambiare, in ogni momento, le proprie condizioni d’uso ed imporle ai suoi utenti, è anche vero, però, che la richiesta di un documento così importante e sensibile (come una patente di guida o una carta d’identità) non può essere avanzata da una azienda per via telematica attraverso una piattaforma come Facebook o un canale trasmissivo insicuro come Internet!
Secondo la legge sulla Privacy, chi gestisce e conserva dati personali e sensibili deve dimostrare di utilizzare modalità e strumenti in grado di proteggere, in modo effettivo ed efficace, tali informazioni. Purtroppo, i fatti hanno continuamente dimostrato che qualsiasi cosa condivisa su Facebook è sempre uscita dal suo circuito, nonostante le sue rassicuranti parole sulla privacy dell’utente e sulla gestione dei suoi contenuti! Se ne deduce, pertanto, che inviare alla Facebook Inc. un documento di riconoscimento, seppur in scansione, equivarrebbe a dare una caparra senza firmare alcuna ricevuta, poiché, nelle nuove disposizioni imposte, non c’è traccia della obbligatoria informativa sul trattamento dei dati, né dell’indicazione del responsabile del trattamento e nemmeno delle modalità con cui vengono conservati e trattati i documenti richiesti.
Chi ha in mano i nostri documenti può sostituirsi in tutto e per tutto a noi e porre in essere qualsiasi tipo di operazione, legale ed illegale, generando serie conseguenze per la nostra vita e per le nostre cose! Queste (illegittime) richieste, che possono interessare anche i profili con dati veri, cioè corrispondenti a quelli registrati all’anagrafe, in alcuni casi, hanno costretto le autorità dei vari Stati, e che si occupano della protezione dei dati personali, a muoversi contro Facebook, rivendicando, così, il generale e riconosciuto “Diritto Digitale all’Anonimato”!
I-Forensics Team
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