Internet come il Paese dei balocchi
Articolo pubblicato su "www.isernianews.it" il 21-05-2018
(“Caramelle da sconosciuti!”)
“Lì non vi sono scuole, lì non vi sono maestri, lì non vi sono libri. In quel paese benedetto non si studia mai. Il giovedì non si fa scuola, e ogni settimana è composta di sei giovedì e di una domenica”. È così che Collodi descriveva “il più bel paese del mondo”, in cui, la sera stessa, Lucignolo sarebbe andato ad abitare, convincendo anche il povero e ingenuo Pinocchio. Il paese dei Balocchi se per molti scrittori è stato un luogo immaginario, oggi sembra esistere per davvero, anche se conosciuto con un nome diverso: ‘internet’. Su internet non ci sono scuole, non ci sono maestri a controllarti, non ci sono freni né barriere. Su internet tutto è permesso: si può giocare, si può chattare e si può condividere qualunque cosa con chiunque, anche con chi non conosciamo.
Il 5 maggio è stata la ‘Giornata Nazionale per la Lotta alla Pedofilia’, manifestazione che il Telefono Azzurro organizza ogni anno per presentare i dati (aggiornati) relativi all’abuso e allo sfruttamento sessuale dei bambini in Italia e nel mondo. Secondo Telefono Azzurro, ogni 72 ore viene molestato un minore che, almeno in 4 casi su 10, ha un’età inferiore ai 10 anni. Di tutte queste molestie, soltanto 3 vengono denunciate per tempo. La manifestazione permette anche di riflettere sull’impatto (negativo) che ha avuto l’avvento, la diffusione e l’uso delle tecnologie digitali – soprattutto di smartphone e social – e di come abbia incrementato fenomeni preoccupanti come pedopornografia e adescamento minorile. L’allarme lanciato da Telefono Azzurro riguarda distrazioni, leggerezze e malcostumi da parte di coloro che dovrebbero, per legge e per buonsenso, vigilare su bambini e adolescenti. Il più delle volte, infatti, mamma e papà non hanno la benché minima idea di cosa sia internet e di come funzionano servizi come Facebook, Instagram e Whatsapp.
Poi ci sono quelli fin troppo entusiasti di tutto ciò che Internet ha da offrire e finiscono, con ingenuità e superficialità, col condividere sistematicamente ogni momento della vita dei loro figliuoli, fortemente convinti che simili informazioni possano essere visualizzate solo da parenti ed amici. I genitori di quest’ultimo tipo costituiscono la categoria utenti più pericolosa: qualsiasi cosa condivisa in rete può sempre trasformarsi in un pericoloso ed efficace strumento per adescare un bambino, per ricattare un adolescente o per dare luogo a episodi di cyberbullismo. Infatti, secondo un’indagine condotta dall’Australia’s Children’s eSafety, la maggior parte delle informazioni condivise sulle piattaforme social finiscono nel cosiddetto ‘Dark Net’, cioè nella parte più profonda e oscura del web, dove vengono vendute al miglior offerente che se ne servirà per compiere illecite attività online ed offline. Per tali motivi e per contrastare questo malcostume, ormai sempre più diffuso tra i genitori, molte piattaforme social stanno iniziando a pensare a un sistema capace di bloccare automaticamente tutti quei profili in cui vengono condivise informazioni riguardanti minori di anni 16. Su Facebook, ad esempio, è da tempo possibile segnalare simili contenuti, anche se si tratta di genitori che non hanno resistito a ‘pubblicizzare’ una nascita, un compleanno, una gita.
Come molti casi di cronaca insegnano, il minore è, ormai, costretto a difendersi non solo dalla sua ingenuità e dalla depravazione di individui senza scrupoli, ma anche dall’ignoranza e dal narcisismo dei propri genitori. Si tratta di comportamenti che gradualmente, ma in modo inarrestabile, sono sempre più diffusi, preoccupanti e pericolosi. In una società connessa e tecnologica, i dati personali e sensibili diventano, giorno dopo giorno, sempre più importanti e preziosi. Violarne la riservatezza – soprattutto se essi si riferiscono a un minore – costituisce un grave illecito che andrebbe punito severamente, soprattutto quando a commetterlo sono genitori che hanno preferito sacrificare la serenità e la sicurezza dei loro piccoli per il solo gusto di soddisfare la loro ‘vanità digitale’.
I-Forensics Team